Читать онлайн Приключения Пиноккио. История деревянной куклы. Уровень 1 / Le avventure di Pinocchio. Storia d’un burattino бесплатно
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Carlo Collodi
Le avventure di Pinocchio. Storia d’un burattino
1
Come è andato che Maestro Ciliegia, falegname, ha trovato un pezzo di legno, che piangeva e rideva come un bambino
C’era una volta[1] un pezzo di legno.
Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, che d’inverno si mettono nelle stufe per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.
Un bel giorno questo pezzo di legno è capitato nella bottega di un vecchio falegname, il quale aveva nome Mastr’Antonio, sennonché[2] tutti lo chiamavano maestro Ciliegia, per via[3] della punta del suo naso, che era sempre lustra e paonazza, come una ciliegia matura.
Appena maestro Ciliegia ha visto quel pezzo di legno, si è rallegrato tutto e ha borbottato a mezza voce:
– Questo legno è capitato a tempo[4]; voglio fare una gamba di tavolino.
Detto fatto[5], ha preso subito l’ascia arrotata per cominciare a levare la scorza e a digrossare; ma quando era lì per lasciare andare la prima asciata, è rimasto col braccio sospeso in aria, perché ha sentito una vocina sottile, che detto:
– Non mi picchiare tanto forte!
Figuratevi come è rimasto quel buon vecchio di maestro Ciliegia!
Ha girato gli occhi smarriti intorno alla ul per vedere di dove mai poteva essere uscita quella vocina, e non ha visto nessuno! Ha guardato sotto il banco, e nessuno; ha guardato dentro un armadio che stava sempre chiuso, e nessuno; ha guardato nel corbello dei trucioli e della segatura, e nessuno; ha aperto l’uscio di bottega per dare un’occhiata[6] anche sulla strada, e nessuno. O dunque?..
– Ho capito; – ha detto allora ridendo, – si vede che quella vocina me la sono figurata io[7]. Rimettiamoci a lavorare.
E ha ripreso l’ascia in mano, ha tirato giù un solennissimo colpo sul pezzo di legno.
– Ohi! tu mi hai fatto male! – ha gridato la solita vocina.
Questa volta maestro Ciliegia è restato con gli occhi fuori del capo per la paura, con la bocca spalancata e con la lingua giù ciondoloni fino al mento, come un mascherone da fontana[8].
Appena ha riavuto l’uso della parola, ha cominciato a dire:
– Ma di dove è uscita questa vocina che ha detto ohi?.. Eppure qui non c’è anima viva. Questo legno eccolo qui; è un pezzo di legno come tutti gli altri, e a buttarlo sul fuoco… Se c’è nascosto qualcuno, tanto peggio per lui.
E ha agguantato con tutte e due le mani quel povero pezzo di legno, e ha posto a sbatacchiarlo senza carità contro le pareti della ul.
Poi si è messo in ascolto[9], per sentire se c’era qualche vocina. Ha aspettato due minuti, e nulla; cinque minuti, e nulla; dieci minuti, e nulla!
– Ho capito; – ha detto allora, – si vede che quella vocina che ha detto ohi, me la sono figurata io! Rimettiamoci a lavorare.
Intanto ha preso in mano la pialla, per piallare e tirare a pulimento il pezzo di legno; ma nel mentre che lo piallava in su e in giù, ha sentito la solita vocina che gli ha detto ridendo:
– Smetti! tu mi fai il pizzicorino sul corpo!
Questa volta il povero maestro Ciliegia è caduto giù come fulminato. Quando ha riaperto gli occhi, si è trovato seduto per terra.
Il suo viso pareva trasfigurito, e perfino la punta del naso, di paonazza come era quasi sempre, è diventata turchina dalla gran paura.
2
Maestro Ciliegia regala il pezzo di legno al suo amico Geppetto, il quale lo prende per fabbricarsi un burattino meraviglioso, che sa ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali
In quel punto qualcuno ha bussato alla porta.
– Passate pure, – ha detto il falegname, senza aver la forza di rizzarsi in piedi.
Allora è entrato in bottega un vecchietto tutto arzillo, il quale aveva nome Geppetto; ma i ragazzi del vicinato lo chiamavano col soprannome di Polendina[10], a motivo della sua parrucca gialla, che somigliava moltissimo alla polendina di granturco.
Geppetto era bizzosissimo. Guai[11] a chiamarlo Polendina! Diventava subito una bestia.
– Buon giorno, mastr’Antonio, – ha detto Geppetto. – Che cosa fate per terra?
– Insegno l’abaco alle formicole.
– Buon pro vi faccia.
– Chi vi ha portato da me, compare Geppetto?
– Le gambe. Sappiate, mastr’Antonio, che sono venuto da voi, per chiedervi un favore.
– Eccomi qui, pronto a servirvi, – ha replicato il falegname, rizzandosi su i ginocchi.
– Stamani m’è piovuta nel cervello un’idea[12].
– Sentiamola.
– Ho pensato di fabbricare un bel burattino di legno: ma un burattino meraviglioso, che sa ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali. Con questo burattino voglio girare il mondo, per buscarmi un tozzo di pane e un bicchiere di vino: che ve ne pare?
– Bravo Polendina! – ha gridato la solita vocina.
A sentirsi chiamare Polendina, compare Geppetto è diventato rosso come un peperone dalla bizza, e voltandosi verso il falegname, gli ha detto imbestialito:
– Perché mi offendete?
– Chi vi offende?
– Mi avete detto Polendina!..
– Non sono stato io.
– Sta’ un po’ a vedere che sarò stato io! Io dico che siete stato voi.
– No!
– Sì!
– No!
– Sì!
E riscaldandosi sempre più, sono venuti dalle parole ai fatti, si graffiavano e si mordevano.
Finito il combattimento, mastr’Antonio si è trovato fra le mani la parrucca gialla di Geppetto, e Geppetto si è accorto di avere in bocca la parrucca brizzolata del falegname.
– Rendimi la mia parrucca! – ha gridato mastr’Antonio.
– E tu rendimi la mia, e rifacciamo la pace.
I due vecchietti hanno stretto la mano e hanno giurato di rimanere buoni amici per tutta la vita.
– Dunque, compar Geppetto, – ha detto il falegname in segno di pace fatta – qual è il piacere che volete da me?
– Vorrei un po’ di legno per fabbricare il mio burattino; me lo date?
Mastr’Antonio, tutto contento, è andato subito a prendere sul banco quel pezzo di legno. Ma quando era lì per consegnarlo all’amico, il pezzo di legno ha dato uno scossone e è andato a battere con forza negli stinchi del povero Geppetto.
– Ah! gli è con questo bel garbo, mastr’Antonio, che voi regalate la vostra roba? Mi avete quasi azzoppito!..
– Vi giuro che non sono stato io!
– Allora sarò stato io!..
– La colpa è tutta di questo legno…
– Lo so che è del legno: ma siete voi che me l’avete tirato nelle gambe!
– Io non ve l’ho tirato!
– Bugiardo!
– Geppetto non mi offendete; se no vi chiamo Polendina!..
– Asino!
– Polendina!
– Somaro!
– Polendina!
A sentirsi chiamar Polendina, Geppetto si è avventato sul falegname.
A battaglia finita, mastr’Antonio si è trovato due graffi di più sul naso, e quell’altro due bottoni di meno al giubbetto. Hanno pareggiato in questo modo i loro conti, si sono stretti la mano e hanno giurato di rimanere buoni amici per tutta la vita.
Intanto Geppetto ha preso con sé il suo bravo pezzo di legno, ha ringraziato mastr’Antonio, è ritornato zoppicando a casa.
3
Geppetto, tornato a casa, ha cominciato subito a fabbricarsi il burattino e gli ha messo il nome di Pinocchio. Prime monellerie del burattino
La casa di Geppetto era una stanzina terrena. La mobilia non poteva essere più semplice: una seggiola cattiva, un letto poco buono e un tavolino tutto rovinato. Nella parete di fondo si vedeva un caminetto col fuoco acceso; ma il fuoco era dipinto, e accanto al fuoco c’era dipinta una pentola che bolliva allegramente e mandava fuori una nuvola di fumo.
Appena entrato in casa, Geppetto ha preso subito gli arnesi e si è posto a fabbricare il suo burattino.
– Che nome gli metterò? – ha detto fra sé e sé[13]. – Lo voglio chiamare Pinocchio. Questo nome gli porterà fortuna.
Quando ha trovato il nome al suo burattino, allora ha cominciato a lavorare, e ha fatto subito i capelli, poi la fronte, poi gli occhi.
Figuratevi la sua meraviglia quando si è accorto che gli occhi si movevano e che lo guardavano.
Geppetto ha detto con accento risentito:
– Occhiacci di legno, perché mi guardate?
Nessuno ha risposto.
Allora, dopo gli occhi, ha fatto il naso; ma il naso, appena fatto, è cominciato a crescere: e cresci, cresci, cresci, è diventato in pochi minuti un nasone.
Il povero Geppetto si affaticava a ritagliarlo; ma più lo ritagliava e lo scorciava, e più quel naso diventava lungo.
Dopo il naso ha fatto la bocca.
La bocca non era ancora finita di fare, che ha cominciato subito a ridere.
– Smetti di ridere! – ha detto Geppetto impermalito; ma era come dire al muro.
– Smetti di ridere, ti ripeto! – ha urlato con voce minacciosa.
Allora la bocca ha smesso di ridere, ma ha cacciato fuori[14] tutta la lingua.
Geppetto, per non guastare i fatti suoi, ha finto di non avvedersene, e ha continuato a lavorare.
Dopo la bocca, ha fatto il mento, poi il collo, poi le spalle, lo stomaco, le braccia e le mani.
Appena finite le mani, Geppetto ha sentito portarsi via la parrucca dal capo. Si è voltato in su e che cosa ha visto? Ha visto la sua parrucca gialla in mano del burattino.
– Pinocchio!.. rendimi subito la mia parrucca!
E Pinocchio, invece di rendergli la parrucca, l’ha messa in capo per sé.
A quel garbo insolente e derisorio, Geppetto ha detto a Pinocchio:
– Non sei ancora finito di fare, e già cominci a mancare di rispetto a tuo padre! Male, ragazzo mio, male!
E si è rasciugato una lacrima.
Quando Geppetto ha finito di fare i piedi, ha sentito arrivarsi un calcio sulla punta del naso.
– Me lo merito! – ha detto allora fra sé. – Dovevo pensarci prima! Oramai è tardi!
Poi ha preso il burattino sotto le braccia e l’ha posato in terra, per farlo camminare.
Pinocchio aveva le gambe aggranchite e non sapeva muoversi, e Geppetto lo conduceva per la mano per insegnargli a mettere un passo dietro l’altro.
Quando le gambe erano sgranchite, Pinocchio ha cominciato a camminare da e a correre per la ul; finché è saltato nella strada e è scappato.
E il povero Geppetto a corrergli dietro senza poterlo raggiungere, perché quel birichino di Pinocchio andava a salti.
– Piglialo! piglialo! – urlava Geppetto; ma la gente che era per la via, vedendo questo burattino di legno, si fermava incantata a guardarlo, e rideva, rideva e rideva.
Alla fine è capitato un carabiniere il quale, si è piantato coraggiosamente a gambe larghe in mezzo alla strada, coll’animo risoluto[15] di fermarlo e d’impedire il caso di maggiori disgrazie.
Ma Pinocchio, quando si è avveduto da lontano del carabiniere, che barricava tutta la strada, si è ingegnato di passargli, per sorpresa, framezzo alle gambe, e invece era fiasco.
Il carabiniere l’ha acciuffato per il naso e l’ha riconsegnato nelle proprie mani di Geppetto; il quale voleva dargli subito una buona tiratina d’orecchi. Ma figuratevi come è rimasto quando non è riuscito di poterli trovare: e sapete perché? Perché si è dimenticato di farglieli.
Allora l’ha preso per la collottola[16], e gli ha detto:
– Andiamo subito a casa. Quando saremo a casa, non dubitare che faremo i nostri conti[17]!
Pinocchio si è buttato per terra, e non voleva più camminare. Intanto i curiosi e i bighelloni principiavano a fermarsi lì dintorno e a far capannello[18].
Chi ne diceva una, chi un’altra[19].
– Povero burattino! – dicevano alcuni, – ha ragione a non voler tornare a casa! Chi lo sa come lo piccherebbe quell’omaccio di Geppetto!..
E gli altri soggiungevano:
– Quel Geppetto pare un galantuomo! ma è un vero tiranno con i ragazzi!
Insomma, il carabiniere ha rimesso in libertà Pinocchio, e ha condotto in prigione Geppetto. Il quale, non avendo parole lì per lì[20] per difendersi, piangeva come un vitellino, e balbettava:
– Sciagurato figliolo! E pensare che ho penato tanto a farlo un burattino per bene! Ma mi sta il dovere! Dovevo pensarci prima!..
Quello che è accaduto dopo, è una storia così strana da non potersi quasi credere, e la racconterò in questi altri capitoli.
4
La storia di Pinocchio con il Grillo-parlante, dove si vede come i ragazzi cattivi hanno a noia di sentirsi correggere da chi ne sa più di loro
Vi dirò dunque, ragazzi, che mentre il povero Geppetto era condotto senza sua colpa in prigione, quel monello di Pinocchio attraversava i campi, per far più presto a tornarsi a casa; e nella gran furia del correre saltava greppi altissimi, siepi di pruni e fossi pieni d’acqua.
E’ giunto dinanzi a casa, ha trovato l’uscio di strada socchiuso. L’ha spinto, è entrato dentro, si è gettato a sedere per terra, lasciando andare un gran sospirone di contentezza.
Ma quella contentezza è durato poco, perché ha sentito nella ul qualcuno che faceva:
– Crì-crì-crì!
– Chi è che mi chiama? – ha detto Pinocchio tutto impaurito.
– Sono io!
Pinocchio si è volto, e ha visto un grosso grillo che saliva lentamente per il muro.
– Dimmi, Grillo, e tu chi sei?
– Io sono il Grillo-parlante, e abito in questa ul da più di cento anni.
– Oggi però questa ul è mia, – ha detto il burattino – e se vuoi farmi un vero piacere, vai via subito.
– Io non me ne anderò di qui, – ha risposto il Grillo – se prima non ti dirò una gran verità.
– Dimmela e spicciati.
– Guai a quei ragazzi che si ribellano ai loro genitori, e che abbandonano capricciosamente la casa paterna. Non avranno mai bene in questo mondo; e prima o poi dovranno pentirsene amaramente.
– Canta pure, Grillo mio, come ti pare e piace: ma io so che domani, all’alba, voglio andarmene di qui, perché se rimango qui, avverrà a me quel che avviene a tutti gli altri ragazzi, vale a dire[21] mi manderanno a scuola, e per amore o per forza mi toccherà a studiare; e io non ho voglia di studiare.
– Povero grullerello! Ma non sai che diventerai da grande un bellissimo somaro?
– Chetati, Grillaccio del mal’augurio! – ha gridato Pinocchio.
Ma il Grillo invece di aversi a male di questa impertinenza, ha continuato con lo stesso tono di voce:
– E se non ti garba di andare a scuola, perché non impari almeno un mestiere, per guadagnare onestamente un pezzo di pane?
– Fra i mestieri del mondo non ce n’è che uno solo[22] che veramente mi vada a genio[23].
– E questo mestiere è?
– Quello di mangiare, bere, dormire, divertirmi e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo.
– Per tua regola – ha detto il Grillo-parlante con la sua solita calma – tutti quelli che fanno codesto mestiere, finiscono quasi sempre allo spedale o in prigione.
– Bada, Grillaccio del mal’augurio!..
– Povero Pinocchio! mi fai proprio compassione!..
– Perché ti faccio compassione?
– Perché sei un burattino e hai la testa di legno.
A queste ultime parole, Pinocchio ha preso un martello di legno, l’ha scagliato contro il Grillo-parlante.
Forse non credeva nemmeno di colpirlo; ma l’ha colto per l’appunto nel capo, tanto che il povero Grillo aveva appena il fiato di fare crì-crì-crì, e poi è rimasto lì stecchito e appiccicato alla parete.
5
Pinocchio ha fame e cerca un uovo per farsi una frittata; ma sul più bello, la frittata gli vola via dalla finestra
Intanto è cominciato a farsi notte[24], e Pinocchio, ricordandosi che non aveva mangiato nulla, ha sentito un’uggiolina allo stomaco.
Ma l’appetito nei ragazzi cammina presto, e dopo pochi minuti, l’appetito è diventato fame.
Il povero Pinocchio è corso subito al focolare, dove c’era una pentola che bolliva, e ha fatto l’atto di scoperchiarla, ma la pentola era dipinta sul muro. Immaginatevi come è restato. Il suo naso, che era già lungo, è diventato più lungo almeno quattro dita.
Allora correva per la ul e frugava per tutte le cassette e per tutti i ripostigli in cerca di un po’ di pane, magari un po’ di pan secco, una lisca di pesce, un nocciolo di ciliegia, insomma qualche cosa da masticare: ma non ha trovato nulla, proprio nulla.
E intanto la fame cresceva: e il povero Pinocchio non aveva altro sollievo che quello di sbadigliare, e faceva degli sbadigli così lunghi, che qualche volta la bocca gli arrivava fino agli orecchi.
Allora piangendo, diceva:
– Il Grillo-parlante aveva ragione. Ho fatto male a rivoltarmi al mio babbo e a fuggire di casa… Oh! che brutta malattia è la fame!
Quando ecco che gli è parso di vedere nel monte della spazzatura qualche cosa di tondo e di bianco, che somigliava a un uovo di gallina. Era un uovo davvero.
La gioia del burattino è impossibile descriverla. Si rigirava questo uovo fra le mani, e lo toccava e lo baciava e diceva:
– E ora come dovrò cuocerlo? Farò una frittata!.. No, è meglio cuocerlo nel piatto!..[25] No, la più lesta di tutte è di cuocerlo nel piatto o nel tegamino: ho troppo voglia di mangiare!
Detto fatto[26], ha posto un tegamino sopra un caldano pieno di brace accesa: ha messo nel tegamino un po’ d’acqua: e quando l’acqua ha principiato a fumare, tac!.. ha spezzato il guscio dell’uovo.
Ma invece della chiara e del torlo è scappato fuori un pulcino tutto allegro e complimentoso, il quale ha detto:
– Mille grazie, signor Pinocchio, d’avermi risparmiata la fatica di rompere il guscio! Arrivederla, stia bene e tanti saluti a casa!
Ciò detto, ha disteso le ali, e è andato via.
Il povero burattino è rimasto lì, come incantato, con gli occhi fissi, con la bocca aperta e con i gusci dell’uovo in mano. Ha cominciato a piangere, e piangendo diceva:
– Eppure il Grillo-parlante aveva ragione! Oh! che brutta malattia è la fame!..
E perché il corpo gli seguitava a brontolare più che mai[27], e non sapeva come fare a chetarlo, ha pensato di uscire di casa e di dare una scappata al paesello vicino, nella speranza di trovare qualche persona caritatevole.
6
Pinocchio si addormenta con i piedi sul caldano, e la mattina dopo si sveglia con i piedi tutti bruciati
Per l’appunto[28] era una notte d’inferno. Tonava forte forte, lampeggiava, e un ventaccio freddo e strapazzone, fischiando rabbiosamente e sollevando un immenso nuvolo di polvere, faceva stridere e cigolare tutti gli alberi della campagna.
Pinocchio aveva una gran paura dei tuoni e dei lampi: se non che la fame era più forte della paura: motivo per cui ha accostato l’uscio di casa, è andato di carriera[29], in un centinaio di salti è arrivato fino al paese, con la lingua fuori e con il fiato grosso.
Ma ha trovato tutto buio e tutto deserto. Le botteghe erano chiuse; le porte di casa chiuse; le finestre chiuse. Pareva il paese dei morti.
Allora Pinocchio si è attaccato al campanello d’una casa, e ha cominciato a suonare a distesa, dicendo dentro di sé:
– Qualcuno si affaccerà.
Difatti si è affacciato un vecchino, con il berretto da notte in capo, il quale ha gridato tutto stizzito:
– Che cosa volete a quest’ora?
– Che mi fareste il piacere di darmi un po’ di pane?
– Aspettami che torno subito, – ha risposto il vecchino, credendo di avere da fare con qualcuno di quei ragazzacci che si divertono di notte a suonare i campanelli delle case, per molestare la gente per bene[30].
Dopo mezzo minuto la finestra si è riaperta, e la voce del solito vecchino ha gridato a Pinocchio:
– Para il cappello.
Pinocchio si è levato subito il suo cappelluccio; ma mentre faceva l’atto di pararlo, ha sentito pioversi addosso un’enorme catinella d’acqua che l’ha annaffiato tutto dalla testa ai piedi.
E’ tornato a casa bagnato come un pulcino e rifinito dalla stanchezza e dalla fame: e perché non aveva più forza da reggersi ritto, si è posto a sedere, appoggiando i piedi fradici sopra un caldano pieno di brace accesa.
E lì si è addormentato; e nel dormire, i piedi che erano di legno gli ha preso fuoco, e sono diventati cenere.
E Pinocchio seguitava a dormire e a russare. Finalmente sul far del giorno[31] si è svegliato, perché qualcuno aveva bussato alla porta.
– Chi è? – ha domandato sbadigliando e stropicciandosi gli occhi.
– Sono io! – ha risposto una voce.
Quella voce era la voce di Geppetto.
Упражнения
1. Переведите на русский язык:
Riscaldare, un falegname, una bottega, borbottare, una scorza, spalancato, una pialla, un soprannome, somigliare, battere, una pentola, framezzo, un campanello, un tegamino, una frittata, un focolare, un tuono, risparmiare, brontolare, un nocciolo, una parete.
2. Вставьте пропущенное слово:
Figuratevi come è _______ quel buon vecchio di maestro Ciliegia!
Questa volta il povero maestro Ciliegia è caduto _______ come fulminato.
La casa di Geppetto era una _______ terrena.
Pinocchio aveva una gran _______ dei tuoni e dei lampi.
3. Выберите нужный глагол:
Ma _______ tutto buio e tutto deserto.
ha lasciato
ha trovato
ha visto
4. Выберите нужный предлог:
per – in – sotto – a – di
Poi ha preso il burattino _______ le braccia e l’ha posato _______ terra, _______ farlo camminare.
_______ queste ultime parole, Pinocchio ha preso un martello _______ legno, l’ha scagliato contro il Grillo-parlante.
Il povero Geppetto si affaticava _______ ritagliarlo; ma più lo ritagliava e lo scorciava, e più quel naso diventava lungo.
Non avranno mai bene _______ questo mondo; e prima o poi dovranno pentirsene amaramente.
5. Ответьте на вопросы:
Perché Pinocchio si comporta così?
Chi ha fatto il burattino?
Perché Pinocchio non ha potuto mangiare l’uovo?
Perché i piedi di Pinocchio sono bruciati?
Cosa ha fatto Pinocchio con il Grillo-parlante?
Ответы:
2. 1. rimasto. 2. giù. 3. stanzina. 4. paura.
3. ha trovato.
4. 1. sotto, in, per. 2. a, di. 3. a. 4. in.
7
Geppetto torna a casa, e dà al burattino la colazione che il povero uomo aveva portata per sé
Il povero Pinocchio, che aveva sempre gli occhi fra il sonno, non ha avvisto che i piedi si erano tutti bruciati: per cui appena ha sentito la voce di suo padre, è schizzato giù dallo sgabello per correre a tirare il paletto; ma invece, dopo due o tre traballoni, è caduto.
– Aprimi! – intanto gridava Geppetto.
– Babbo mio, non posso, – rispondeva il burattino piangendo.
– Perché non puoi?
– Perché mi hanno mangiato i piedi.
– E chi te li ha mangiati?
– Il gatto, – ha detto Pinocchio, vedendo il gatto che si divertiva a fare ballare alcuni trucioli di legno.
– Aprimi, ti dico! – ha ripetuto Geppetto.
– Non posso stare ritto, credetelo. Oh! povero me! povero me, che mi toccherà a camminare con i ginocchi per tutta la vita!..
Geppetto arrampicatosi su per il muro, è entrato in casa dalla finestra.
Quando ha visto il suo Pinocchio sdraiato in terra e rimasto senza piedi davvero, allora ha sentito intenerirsi; l’ha preso subito in collo, si è dato a baciarlo e gli ha detto singhiozzando:
– Pinocchiuccio mio! Com’è che ti sei bruciato i piedi?
– Non lo so, babbo, ma credetelo che è stata una notte d’inferno. Tonava, e io avevo una gran fame, e allora il Grillo-parlante mi ha detto: «Ti sta bene: sei stato cattivo, e te lo meriti» e io gli ho detto: «Bada, Grillo!..» e lui mi ha detto: «Tu sei un burattino e hai la testa di legno» e io gli ho tirato un manico di martello, e lui è morto, ma la colpa era sua, perché io non volevo ammazzarlo, ho messo un tegamino sulla brace accesa del caldano, ma il pulcino è scappato fuori e ha detto: «Arrivederla… e tanti saluti a casa». E la fame cresceva sempre, motivo per cui quel vecchino con il berretto da notte mi ha detto: «Fatti sotto e para il cappello» e io con quella catinellata d’acqua sul capo, perché il chiedere un po’ di pane non è vergogna, non è vero? Sono tornato subito a casa, e perché avevo sempre una gran fame, ho messo i piedi sul caldano per rasciugarmi, e voi siete tornato, e me li sono trovati bruciati, e intanto la fame l’ho sempre e i piedi non li ho più!
E il povero Pinocchio ha cominciato a piangere.
Geppetto ha tirato fuori di tasca tre pere e ha detto:
– Queste tre pere erano la mia colazione: ma io te le do volentieri. Mangiale, e buon pro ti faccia[32].
– Fatemi il piacere di sbucciarle.
– Sbucciarle? – ha replicato Geppetto meravigliato. – Male! In questo mondo, fin da bambini, bisogna avvezzarsi abboccati e a sapere mangiare di tutto, perché non si sa mai quel che può capitare. I casi sono tanti!..
– Voi direte bene, – ha detto Pinocchio, – ma le bucce non le posso soffrire.
E quel buon uomo di Geppetto ha sbucciato le tre pere, e ha posto tutte le bucce sopra un angolo della tavola.
Quando Pinocchio in due bocconi ha mangiato la prima pera, ha fatto l’atto di buttare via il torsolo: ma Geppetto gli ha trattenuto il braccio, dicendogli:
– Non lo buttare via: tutto in questo mondo può far comodo[33].
– Ma io il torsolo non lo mangio davvero!.. – ha gridato il burattino.
– Chi lo sa! I casi sono tanti!.. – ha ripetuto Geppetto.
I tre torsoli, invece di essere gettati fuori dalla finestra, sono stati posati sull’angolo della tavola in compagnia delle bucce.
Pinocchio ha fatto un lunghissimo sbadiglio e ha detto:
– Ho dell’altra fame!
– Ma io, ragazzo mio, non ho più nulla da darti.
– Proprio nulla, nulla?
– Ci avrei soltanto queste bucce e questi torsoli di pera.
– Pazienza![34] – ha detto Pinocchio, – se non c’è altro, mangerò una buccia.
E ha cominciato a masticare. Da principio ha storto un po’ la bocca: ma poi una dietro l’altra, ha spolverato in un soffio[35] tutte le bucce: e dopo le bucce anche i torsoli, e quando ha finito di mangiare ogni cosa, si è battuto contento le mani sul corpo, e ha detto:
– Ora sì che sto bene!
– Vedi dunque, – ha osservato Geppetto, – che avevo ragione io quando ti dicevo che non bisogna avvezzarsi troppo delicati di palato. Caro mio, non si sa mai quel che può capitare in questo mondo. I casi sono tanti!..
8
Geppetto ha rifatto i piedi a Pinocchio, e vende la propria casacca per comprargli l’Abbecedario
Il burattino ha cominciato subito a piangere, perché voleva un paio di piedi nuovi.
Ma Geppetto, per punirlo della monelleria fatta, l’ha lasciato piangere e disperarsi per una mezza giornata: poi gli ha detto:
– E perché devo rifarti i piedi? Forse per vederti scappare di nuovo da casa tua?
– Vi prometto, – ha detto il burattino, – che da oggi in poi[36] sarò buono…
– Tutti i ragazzi, – ha replicato Geppetto, – quando vogliono ottenere qualcosa, dicono così.
– Vi prometto che andrò a scuola e studierò…
– Tutti i ragazzi, quando vogliono ottenere qualcosa, ripetono la medesima storia.
– Ma io non sono come gli altri ragazzi! Io sono più buono di tutti. Vi prometto, babbo, che imparerò un’arte, e che sarò la consolazione e il bastone della vostra vecchiaia.
Geppetto che aveva gli occhi pieni di pianto e il cuore grosso dalla passione nel vedere il suo povero Pinocchio, non ha risposto altre parole: ma, ha preso in mano gli arnesi del mestiere e due pezzetti di legno stagionato, si è posato a lavorare di grandissimo impegno.
E in meno di un’ora, i piedi erano fatti.
Allora Geppetto ha detto al burattino:
– Chiudi gli occhi e dormi!
E Pinocchio ha chiuso gli occhi e ha fatto finta[37] di dormire. E nel tempo che si fingeva addormentato, Geppetto con un po’ di colla gli ha appicciato i due piedi al loro posto, e li ha appicciati così bene, che non si vedeva nemmeno il segno dell’attaccatura.
Appena il burattino si è accorto i piedi, è saltato giù dalla tavola dove stava disteso.
– Per ricompensarvi di quanto avete fatto per me, – ha detto Pinocchio al suo babbo, – voglio subito andare a scuola.
– Bravo ragazzo.
– Ma per andare a scuola ho bisogno di un po’ di vestito.
Geppetto, che era povero e non aveva in tasca nemmeno un centesimo, gli ha fatto allora un vestito di carta fiorita, un paio di scarpe di scorza d’albero e un berretto di midolla di pane.
Pinocchio è corso subito a specchiarsi in una catinella piena d’acqua e è rimasto così contento di sé, che ha detto:
– Paio proprio un signore!
– Davvero, – ha replicato Geppetto, – ma non è il vestito bello che fa il signore, ma è piuttosto il vestito pulito.
– A proposito, – ha soggiunto il burattino, – per andare alla scuola mi manca sempre qualcosa.
– Cioè?
– Mi manca l’Abbecedario.
– Hai ragione: ma come si fa per averlo?
– È facilissimo: si va da un libraio e si compra.
– E i quattrini?
– Io non ce l’ho.
– Nemmeno io, – ha soggiunto il vecchio, facendosi triste.
E Pinocchio si è fatto triste anche lui: perché la miseria, la intendono tutti: anche i ragazzi.
– Pazienza! – ha gridato Geppetto rizzandosi in piedi; si è infilato la vecchia casacca di frustagno, è uscito correndo di casa.
Dopo poco è tornato: e quando è tornato, aveva in mano l’Abbecedario per il figliolo, ma la casacca non l’aveva più. Il pover’uomo era in maniche di camicia[38], e fuori nevicava.
– E la casacca, babbo?
– L’ho venduta.
– Perché l’avete venduta?
– Perché mi faceva caldo.
Pinocchio ha capito questa risposta a volo[39], è saltato al collo di Geppetto e ha cominciato a baciarlo per tutto il viso.
9
Pinocchio vende l’Abbecedario per andare a vedere il teatrino dei burattini
Pinocchio, con il suo bravo Abbecedario nuovo sotto il braccio, ha preso la strada che menava alla scuola: e fantasticava mille ragionamenti e mille castelli in aria uno più bello dell’altro.
E diceva:
– Oggi, alla scuola, voglio subito imparare a leggere: domani imparerò a scrivere, e domani l’altro imparerò a fare i numeri. Poi, con la mia abilità, guadagnerò molti quattrini e con i primi quattrini che mi verranno in tasca, voglio subito fare al mio babbo una bella casacca di panno: perché, insomma, per comprarmi i libri e per farmi istruire, è rimasto in maniche di camicia… a questi freddi!
Mentre tutto commosso diceva così, gli è parso di sentire in lontananza una musica di pifferi e di colpi di gran cassa: pì-pì-pì, pì-pì-pì, zum, zum, zum, zum.
Si è fermato e è stato in ascolto. Quei suoni venivano di fondo a una lunghissima strada traversa, che conduceva a un piccolo paese fabbricato sulla spiaggia del mare.
– Peccato che io devo andare a scuola, se no…
E è rimasto lì perplesso. A ogni modo[40], bisognava prendere una risoluzione: o a scuola, o a sentire i pifferi.
– Oggi andrò a sentire i pifferi, e domani a scuola: per andare a scuola c’è sempre tempo, – ha detto quel monello, facendo una spallucciata.
Detto fatto, ha infilato giù per la strada traversa e ha cominciato a correre a gambe. Più correva e più sentiva distinto il suono dei pifferi e dei tonfi della grancassa: pì-pì-pì, pì-pì-pì, pì-pì-pì, zum, zum, zum, zum.
Quando si è trovato in mezzo a una piazza tutta piena di gente, la quale si affollava intorno a un gran baraccone di legno e di tela dipinta di mille colori.
– Che cos’è quel baraccone? – ha domandato Pinocchio, voltandosi a un ragazzetto.
– Leggi il cartello, che c’è scritto, e lo saprai.
– Lo leggerei volentieri, ma per l’appunto oggi non so leggere.
– Bravo bue! Allora te lo leggerò io. In quel cartello a lettere rosse come il fuoco, c’è scritto: GRAN TEATRO DEI BURATTINI…
– È molto che[41] è incominciata la commedia?
– Comincia ora.
– E quanto si spende per entrare?
– Quattro soldi.
Pinocchio, che aveva addosso la febbre della curiosità, ha perso ogni ritegno e ha detto al ragazzetto:
– Mi daresti quattro soldi fino a domani?
– Te li darei volentieri, – gli ha risposto l’altro canzonandolo, – ma oggi per l’appunto non te li posso dare.
– Per quattro soldi, ti vendo la mia giacchetta, – gli ha detto allora il burattino.
– Cosa devo fare con una giacchetta di carta fiorita?
– Vuoi comprare le mie scarpe?
– Sono buone per accendere il fuoco.
– Quanto mi dai del berretto?
– Bell’acquisto davvero! Un berretto di midolla di pane!
Pinocchio era sulle spine[42]. Stava lì lì[43] per fare un’ultima offerta: ma non aveva coraggio. Alla fine ha detto:
– Vuoi darmi quattro soldi di quest’Abbecedario nuovo?
– Io sono un ragazzo, e non compro nulla dai ragazzi, – gli ha risposto il suo piccolo interlocutore, che aveva più giudizio di lui.
– Per quattro soldi l’Abbecedario lo prendo io, – ha gridato un rivenditore di panni usati.
E il libro è stato venduto su due piedi[44]. E pensare che quel pover’uomo di Geppetto era rimasto a casa, a tremare dal freddo, per comprare l’Abbecedario al figliolo!
10
I burattini riconoscono il loro fratello Pinocchio, e gli fanno una grandissima festa; ma sul più bello, esce fuori il burattinai Mangiafoco, e Pinocchio corre il pericolo di fare una brutta fine
Quando Pinocchio è entrato nel teatrino delle marionette, è accaduto un fatto che ha destato una rivoluzione.
Bisogna sapere che il sipario era tirato su e la commedia era già incominciata.
Sulla scena si vedevano Arlecchino e Pulcinella, che bisticciavano fra di loro e minacciavano da un momento all’altro[45] di scambiarsi un carico di schiaffi e di bastonate.
La platea, tutta attenta, si mandava a male[46] dalle grandi risate, nel sentire il battibecco di quei due burattini.
Quando all’improvviso, Arlecchino ha smesso di recitare, e voltandosi verso il pubblico e accennando con la mano qualcuno in fondo alla platea, comincia a urlare in tono drammatico:
– Numi del firmamento![47] sogno o sono desto? Eppure quello laggiù è Pinocchio!..
– È Pinocchio davvero! – grida Pulcinella.
– È proprio lui! – strilla la signora Rosaura, facendo capolino[48] di fondo alla scena.
– È Pinocchio! è Pinocchio! – urlano in coro tutti i burattini.
– È Pinocchio! È il nostro fratello Pinocchio! Evviva Pinocchio!..
– Pinocchio, vieni quassù da me, – grida Arlecchino, – vieni a gettarti fra le braccia dei tuoi fratelli di legno!
A questo affettuoso invito, Pinocchio spicca un salto[49], e di fondo alla platea va nei posti distinti; e di lì schizza sul palcoscenico.
È impossibile figurarsi gli abbracciamenti, i pizzicotti dell’amicizia e le zuccate della vera e sincera fratellanza, che Pinocchio ha ricevuto in mezzo a[50] tanto arruffio dagli attori e dalle attrici.
Questo spettacolo era commovente, ma il pubblico della platea, vedendo che la commedia non andava più avanti, si è impazientito e ha preso a gridare:
– Vogliamo la commedia, vogliamo la commedia!
Ma i burattini, invece di continuare la recita, hanno raddoppiato il chiasso e le grida.
Allora è uscito fuori il burattinaio, un omone così brutto, che metteva paura soltanto a guardarlo. Aveva una barbaccia nera come uno scarabocchio d’inchiostro, e tanto lunga che gli scendeva dal mento fino a terra. La sua bocca era larga come un forno, i suoi occhi parevano due lanterne di vetro rosso, con il lume acceso di dietro; e con le mani schioccava una grossa frusta, fatta di serpenti e di code di volpe attorcigliate insieme.
All’apparizione inaspettata del burattinaio, sono ammutoliti tutti. Quei poveri burattini, maschi e femmine, tremavano come tante foglie.
– Perché sei venuto a mettere lo scompiglio nel mio teatro? – ha domandato il burattinaio a Pinocchio.
– La creda, illustrissimo, che la colpa non è stata mia!..
– Basta così! Stasera faremo i nostri conti.
Difatti, è finita la recita della commedia, il burattinaio è andato in cucina, dove ha preparato per cena un bel montone, che girava lentamente infilato nello spiede. E perché gli mancavano le legna per finirlo di cuocere e di rosolare, ha chiamato Arlecchino e Pulcinella e ha detto loro:
– Portatemi quel burattino, che troverete attaccato al chiodo. Mi pare un burattino fatto di un legname molto asciutto, e sono sicuro che, a buttarlo sul fuoco, mi darà una bellissima fiammata all’arrosto.
Arlecchino e Pulcinella da principio hanno esitato; ma impauriti da un’occhiataccia del loro padrone, hanno obbedito: e dopo poco sono tornati in cucina, portando sulle braccia il povero Pinocchio, il quale strillava:
– Babbo mio, salvatemi! Non voglio morire, no, non voglio morire!..
Упражнения
1. Выберите правильный вариант:
Mastr’Antonio fa il mugnaio.
Mastr’Antonio fa il falegname.
Mastr’Antonio fa il fornaio.
Mastr’Antonio fa il pescatore.
2. Подберите антонимы:
bello – _________________________
grande – _______________________
ricco – _________________________
vivo – _________________________
simpatico – _____________________
forte – _________________________
triste – ________________________
corto – ________________________
3. Выберите нужный предлог:
in – di – a – da – con
Mentre tutto commosso diceva così, gli è parso _______ sentire _______ lontananza una musica _______ pifferi e _______ colpi _______ gran cassa.
E’ tornato _______ casa bagnato come un pulcino e rifinito _______ stanchezza e _______ fame.
Il povero burattino è rimasto lì, come incantato, _______ gli occhi fissi, _______ la bocca aperta e _______ i gusci _______ uovo _______ mano.
Allora è uscito fuori il burattinaio, un omone così brutto, che metteva paura soltanto _______ guardarlo.
4. Выберите правильный глагол:
Quei suoni venivano di fondo a una lunghissima strada traversa, che _______ a un piccolo paese fabbricato sulla spiaggia del mare.
andava
conduceva
portava
finiva
Ответы:
1. Mastr’Antonio fa il falegname.
3. 1. di, in, di, di, di. 2. a, dalla, dalla. 3. con, con, con, dell’, in. 4. a.
4. conduceva
11
Mangiafoco starnutisce e perdona a Pinocchio, il quale poi difende dalla morte il suo amico Arlecchino
Il burattinaio Mangiafoco pareva un uomo spaventoso, specie con la sua barba nera; ma nel fondo poi non era un cattivo uomo. Quando ha visto davanti quel povero Pinocchio, urlando «Non voglio morire, non voglio morire!», ha principiato a commuoversi e a impietosirsi, e ha lasciato andare un sonorissimo starnuto.
A quello starnuto, Arlecchino, che fin allora era stato afflitto e ripiegato come un salcio piangente, si è fatto tutto allegro in viso e chinatosi verso Pinocchio, gli ha bisbigliato sottovoce:
– Buone nuove, fratello! Il burattinaio ha starnutito, e questo è segno che si è mosso a compassione per te, e oramai sei salvo.
Perché bisogna sapere che, mentre tutti gli uomini, quando si sentono impietositi per qualcuno, o piangono, o per lo meno fanno finta[51] di rasciugarsi gli occhi, Mangiafoco, invece, ogni volta che si inteneriva davvero aveva il vizio di starnutire. Era un modo come un altro, per dare a conoscere agli altri la sensibilità del suo cuore.
Dopo il burattinaio, seguitando a fare il burbero, ha gridato a Pinocchio:
– Finiscila di piangere! Etcì! Etcì! – e ha fatto altri due starnuti.
– Felicità![52] – ha detto Pinocchio.
– Grazie. E il tuo babbo e la tua mamma sono sempre vivi? – gli ha domandato Mangiafoco.
– Il babbo, sì: la mamma non l’ho mai conosciuta.
– Chi lo sa che dispiacere sarebbe per il tuo vecchio padre… Povero vecchio! lo compatisco!.. Etcì, etcì, etcì – e ha fatto altri tre starnuti.
– Felicità! – ha detto Pinocchio.
– Grazie! Del resto bisogna compatire anche me, perché, come vedi, non ho più legna per finire di cuocere quel montone arrosto! Ma ormai mi sono impietosito. Invece di te, metterò a bruciare sotto lo spiede qualche burattino della mia Compagnia. Olà, giandarmi!
A questo comando sono comparsi due giandarmi di legno, lunghi lunghi, secchi secchi, con il cappello a lucerna in testa e con la sciabola sfoderata in mano.
Allora il burattinaio ha detto loro con voce rantolosa:
– Pigliatemi quell’Arlecchino, e poi gettatelo a bruciare sul fuoco.
Figuratevi il povero Arlecchino!
Pinocchio, alla vista di quello spettacolo straziante, è andato a gettarsi ai piedi del burattinaio, e piangendo, ha cominciato a dire con voce supplichevole:
– Pietà, signor Mangiafoco!..
– Qui non ci son signori! – ha replicato duramente il burattinaio.
– Pietà, signor Cavaliere!..
– Qui non ci sono cavalieri!
– Pietà, signor Commendatore!..
– Qui non ci sono commendatori!
– Pietà, Eccellenza!..
A sentirsi chiamare Eccellenza, il burattinaio è diventato più umano, ha detto a Pinocchio:
– Ebbene, che cosa vuoi da me?
– Vi domando grazia per il povero Arlecchino!..
– Qui non c’è grazia. Se ho risparmiato te, bisogna che mettere sul fuoco lui.
– In questo caso, – ha gridato Pinocchio, – in questo caso conosco qual è il mio dovere. Avanti, signori giandarmi! Legatemi e gettatemi fra quelle fiamme!
Queste parole hanno fatto piangere tutti i burattini che erano presenti a quella scena. Gli stessi giandarmi piangevano come due agnellini di latte.
Mangiafoco, sul principio, è rimasto duro e immobile come un pezzo di ghiaccio: ma poi, adagio adagio, ha cominciato a commuoversi e a starnutire. E fatti quattro o cinque starnuti, ha aperto affettuosamente le braccia e ha detto a Pinocchio:
– Tu sei un gran bravo ragazzo! Vieni qua da me e dammi un bacio.
Pinocchio è corso subito, è andato a posargli un bellissimo bacio sulla punta del naso.
– Dunque la grazia è fatta? – ha domandato il povero Arlecchino, con un fil di voce[53] che si sentiva appena.
– La grazia è fatta! – ha risposto Mangiafoco: poi ha soggiunto sospirando: – Pazienza! Per questa sera mi rassegnerò a mangiare il montone mezzo crudo: ma un’altra volta, guai a chi toccherà!..
Alla notizia della grazia ottenuta, i burattini sono corsi tutti sul palcoscenico e hanno cominciato a saltare e a ballare.
12
Il burattinaio Mangiafoco regala cinque monete d’oro a Pinocchio perché le porti al suo babbo Geppetto: e Pinocchio, invece, si lascia abbindolare dalla Volpe e dal Gatto e se ne va con loro
Il giorno dipoi Mangiafoco ha chiamato in disparte[54] Pinocchio e gli ha domandato:
– Come si chiama tuo padre?
– Geppetto.
– E che mestiere fa?
– Il povero.
– Guadagna molto?
– Guadagna tanto quanto ci vuole per non avere mai un centesimo in tasca. Si figuri che per comprarmi l’Abbecedario della scuola ha dovuto vendere l’unica casacca che aveva.
– Povero diavolo! Mi fa quasi compassione. Ecco qui cinque monete d’oro. Va’ subito a portargliele e salutalo tanto da parte mia.
Pinocchio ha ringraziato mille volte il burattinaio: ha abbracciato, a uno a uno[55], tutti i burattini della compagnia, anche i giandarmi; e fuori di sé[56] dalla contentezza, si è messo in viaggio per ritornare a casa sua.
Ma ha incontrato per la strada una Volpe zoppa da un piede e un Gatto cieco da tutt’e due gli occhi che andavano là là[57], aiutandosi fra di loro. La Volpe, che era zoppa, camminava appoggiandosi al Gatto: e il Gatto, che era cieco, si lasciava guidare dalla Volpe.
– Buon giorno, Pinocchio, – gli ha detto la Volpe, salutandolo garbatamente.
– Com’è che sai il mio nome? – ha domandato il burattino.
– Conosco bene il tuo babbo.
– Dove l’hai visto?
– L’ho visto ieri sulla porta di casa sua.
– E che cosa faceva?
– Era in maniche di camicia e tremava dal freddo.
– Povero babbo! Ma, se Dio vuole, da oggi in poi non tremerà più!..
– Perché?
– Perché io sono diventato un gran signore.
– Un gran signore tu? – ha detto la Volpe, e ha cominciato a ridere: e il Gatto rideva anche lui, ma per non darlo a vedere[58], si pettinava i baffi con le zampe davanti.
– C’è poco da ridere, – ha gridato Pinocchio impermalito. – Mi dispiace davvero di farvi venire l’acquolina in bocca[59], ma queste qui sono cinque bellissime monete d’oro.
E ha tirato fuori le monete.
Al simpatico suono di quelle monete, la Volpe per un moto involontario ha allungato la gamba che pareva rattrappita, e il Gatto ha spalancato gli occhi: ma poi li ha richiusi subito, che Pinocchio non si è accorto di nulla.
– E ora, – gli ha domandato la Volpe, – che cosa vuoi fare con le monete?
– Prima di tutto, – ha risposto il burattino, – voglio comprare per il mio babbo una bella casacca nuova, tutta d’oro e d’argento e con i bottoni di brillanti: e poi voglio comprare un Abbecedario per me.
– Per te?
– Davvero: perché voglio andare a scuola e mettermi a studiare a buono.
– Guarda me! – ha detto la Volpe. – Per la passione sciocca di studiare ho perduto una gamba.
– Guarda me! – ha detto il Gatto. – Per la passione sciocca di studiare ho perduto la vista di tutti e due gli occhi.
In quel mentre[60] un Merlo bianco, che si stava appollaiato sulla siepe della strada, ha fatto il suo solito verso e ha detto:
– Pinocchio, non dar retta[61] ai consigli dei cattivi compagni: se no, te ne pentirai!
Povero Merlo! Il Gatto gli si è avventato addosso, e senza dargli nemmeno il tempo di dire ohi, l’ha mangiato in un boccone. Lui ha chiuso gli occhi, e ha ricominciato a fare il cieco come prima.
– Povero Merlo! – ha detto Pinocchio al Gatto, – perché l’hai trattato così male?
– Ho fatto per dargli una lezione. Così un’altra volta imparerà a non mettere bocca nei discorsi degli altri.
Erano giunti più che a mezza strada quando la Volpe, fermandosi, ha detto al burattino:
– Vuoi raddoppiare le tue monete d’oro?
– Cioè?
– Vuoi tu, di cinque zecchini, farne cento, mille, duemila?
– Magari! e la maniera?
– La maniera è facilissima. Invece di tornarti a casa tua, dovresti venire con noi.
– E dove mi volete condurre?
– Nel paese dei Barbagianni.
Pinocchio ha pensato un poco, e poi ha detto risolutamente:
– No, non ci voglio venire. Oramai sono vicino a casa, e voglio andare a casa, dove c’è il mio babbo che mi aspetta. Chi lo sa, quanto ha sospirato ieri, a non vedermi tornare. Purtroppo io sono stato un figliolo cattivo. E io l’ho provato a mie spese, perché mi sono capitate dimolte disgrazie, e anche ieri sera in casa di Mangiafoco, ho corso pericolo… Brrr! mi viene i bordoni[62] soltanto a pensarci!
– Dunque, – ha detto la Volpe, – vuoi proprio andare a casa tua? Allora va’ pure, e tanto peggio per te.
– Tanto peggio per te! – ha ripetuto il Gatto.
– Pensaci bene, Pinocchio, perché tu dai un calcio alla fortuna[63].
– Alla fortuna! – ha ripetuto il Gatto.
– I tuoi cinque zecchini, dall’oggi al domani sarebbero diventati duemila.
– Duemila! – ha ripetuto il Gatto.
– Ma com’è mai possibile che diventino tanti? – ha domandato Pinocchio, restando a bocca aperta dallo stupore.
– Te lo spiego subito, – ha detto la Volpe. – Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c’è un campo benedetto, chiamato da tutti il Campo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro, per esempio, uno zecchino d’oro. Poi ricopri la buca con un po’ di terra: l’annaffi con due secchie d’acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera vai tranquillamente a letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia, e la mattina dopo che cosa trovi? Trovi un bell’albero carico di tanti zecchini d’oro.
– Sicché dunque, – ha detto Pinocchio, – la mattina dopo quanti zecchini ci troverei?
– È un conto facilissimo, – ha risposto la Volpe, – un conto che puoi farlo sulla punta delle dita. Poni che ogni zecchino ti faccia un grappolo di cinquecento zecchini: moltiplica il cinquecento per cinque, e la mattina dopo ti trovi in tasca duemilacinquecento zecchini.
– Oh che bella cosa! – ha gridato Pinocchio, ballando dall’allegrezza. – Appena che questi zecchini li avrò raccolti, duemila prenderò per me e gli altri cinquecento di più li darò in regalo a voialtri due.
– Noi, – riprese la Volpe, – non lavoriamo per il vile interesse: noi lavoriamo unicamente per arricchire gli altri.
– Gli altri! – ha ripetuto il Gatto.
– Che brave persone! – ha pensato dentro di sé Pinocchio: e dimenticandosi del suo babbo, della casacca nuova, dell’Abbecedario, ha detto alla Volpe e al Gatto:
– Andiamo subito, io vengo con voi.
13
L’osteria del «Gambero Rosso»
Alla fine sul far della sera[64] sono arrivati stanchi morti all’osteria del Gambero Rosso.
– Fermiamoci un po’ qui, – ha detto la Volpe, – tanto per mangiare un boccone e per riposarci qualche ora. A mezzanotte poi ripartiremo per essere domani, all’alba, nel Campo dei miracoli.
Entrati nell’osteria, si sono posti tutti e tre a tavola: ma nessuno di loro aveva appetito.
Il povero Gatto non ha potuto mangiare altro che[65] trentacinque triglie con salsa di pomodoro e quattro porzioni di trippa alla parmigiana: e perché la trippa non gli pareva condita abbaul, si è rifatto tre volte a chiedere il burro e il formaggio grattato!
La Volpe doveva contentarsi di una semplice lepre dolce e un contorno di pollastre e di galletti di primo canto[66]. Aveva tanta nausea per il cibo, diceva lei, che non poteva accostarsi nulla alla bocca.
Quello che ha mangiato meno di tutti era Pinocchio. Ha chiesto uno spicchio di noce e un cantuccio di pane, e ha lasciato nel piatto ogni cosa. Il povero figliolo, con il pensiero sempre fisso al Campo dei miracoli.
Dopo la cena la Volpe ha detto all’oste:
– Datemi due buone camere. Prima di ripartire stiacceremo un sonnellino[67]. Ricordatevi però che a mezzanotte vogliamo essere svegliati per continuare il nostro viaggio.
– Sissignori, – ha risposto l’oste, e ha strizzato l’occhio[68] alla Volpe e al Gatto.
Pinocchio si è addormentato subito e ha principiato a sognare. E sognando gli pareva di essere in mezzo a un campo, e questo campo era pieno di arboscelli carichi di grappoli, e questi grappoli erano carichi di zecchini d’oro che facevano zin, zin, zin. Ma quando Pinocchio ha allungato la mano per prendere a manciate tutte quelle belle monete e metterle in tasca, si è trovato svegliato all’improvviso da tre violentissimi colpi dati nella porta di camera.
Era l’oste che veniva a dirgli che la mezzanotte era sonata[69].
– E i miei compagni sono pronti? – gli ha domandato il burattino.
– Altro che pronti! Sono partiti due ore fa.
– Perché tanta fretta?
– Perché il Gatto ha ricevuto un’imbasciata, che il suo gattino maggiore stava in pericolo di vita.
– E la cena l’hanno pagata?
– Che vi pare? Quelle sono persone troppo educate.
– E dove hanno detto di aspettarmi quei buoni amici?
– Al Campo dei miracoli, domattina, allo spuntare del giorno[70].
Pinocchio ha pagato uno zecchino per la cena sua e per quella dei suoi compagni, e dopo è partito.
Ma si può dire che fuori dell’osteria c’era un buio così buio che non ci si vedeva da qui a lì[71]. Nella campagna all’intorno non si sentiva alitare una foglia. Solamente alcuni uccelli notturni, traversando la strada da una siepe all’altra, venivano a sbattere le ali sul naso di Pinocchio, il quale gridava: – Chi va là? – e l’eco delle colline circostanti ripeteva in lontananza: – Chi va là? chi va là? chi va là?
Intanto, mentre camminava, ha visto sul tronco di un albero un piccolo animaletto.
– Chi sei? – gli ha domandato Pinocchio.
– Sono l’ombra del Grillo-parlante, – ha risposto l’animaletto con una vocina fioca.
– Che vuoi da me? – ha detto il burattino.
– Voglio darti un consiglio. Ritorna indietro e porta i quattro zecchini al tuo povero babbo, che piange e si dispera.
– Domani il mio babbo sarà un gran signore, perché questi quattro zecchini diventeranno duemila.
– Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni! Dai retta a me[72], ritorna indietro.
– E io invece voglio andare avanti.
– L’ora è tarda!..
– Voglio andare avanti.
– La nottata è scura…
– Voglio andare avanti.
– La strada è pericolosa…
– Voglio andare avanti.
– Ricordati che i ragazzi che vogliono fare di capriccio, prima o poi si pentirono.
– Le solite storie. Buona notte, Grillo.
– Buona notte, Pinocchio.
Il Grillo-parlante si è spento a un tratto e la strada è rimasta più buia di prima.
14
Pinocchio, per non aver dato retta ai buoni consigli del Grillo-parlante, si imbatte negli assassini
– Davvero, – ha detto fra sé il burattino, – come siamo disgraziati noi altri[73] poveri ragazzi! Tutti ci sgridano, tutti ci ammoniscono, tutti: anche i Grilli-parlanti. Ecco qui: perché io non ho voluto dare retta a quell’uggioso di Grillo, chi lo sa quante disgrazie, secondo lui, mi dovrebbero accadere! Dovrei incontrare anche gli assassini! Meno male che[74] agli assassini io non ci credo. Per me gli assassini sono stati inventati dai babbi, per fare paura ai ragazzi che vogliono andare fuori la notte…
Ma Pinocchio non ha potuto finire il suo ragionamento, perché in quel punto gli è parso di sentire dietro di sé un leggerissimo fruscio di foglie.
Si è volto a guardare, e ha visto nel buio due figure nere, tutte imbacuccate in due sacchi da carbone, le quali correvano dietro a lui a salti e in punta di piedi[75].
– Eccoli davvero! – ha detto dentro di sé: e non sapendo dove nascondere i quattro zecchini, li ha nascosti in bocca sotto la lingua.
Poi si è provato a scappare. Ma ha sentito agguantarsi per le braccia e ha inteso due voci orribili, che gli hanno detto:
– O la borsa o la vita!
Pinocchio non potendo rispondere con le parole, a motivo delle monete che aveva in bocca, ha fatto mille pantomime, per dare ad intendere a quei due che lui era un povero burattino e che non aveva in tasca nemmeno un centesimo falso.
– Via, via! Meno ciarle e fuori i denari! – hanno gridato i due briganti.
E il burattino ha fatto con il capo e con le mani un segno, come dire: «Non ne ho».
– Metti fuori i denari o sei morto, – ha detto l’assassino più alto di statura.
– Morto! – ha ripetuto l’altro.
– E dopo ammazzato te, ammazzeremo anche tuo padre!
– Anche tuo padre!
– No, no, no, il mio povero babbo no! – ha gridato Pinocchio con accento disperato: ma nel gridare così, gli zecchini gli sono suonati in bocca.
– Ah furfante! dunque i danari li hai nascosti sotto la lingua? Sputali subito!
E Pinocchio, duro!
– Ah! tu fai il sordo? Aspetta un po’, ché penseremo noi a farteli sputare!
Difatti uno di loro ha afferrato il burattino per la punta del naso e quell’altro l’ha preso per la bazza, e hanno cominciato a tirare uno per in qua e l’altro per in là, per costringerlo a spalancare la bocca: ma la bocca del burattino pareva ribadita.
Allora l’assassino più piccolo di statura, ha cavato fuori un coltellaccio, ha provato a conficcarglielo a guisa di[76] leva e di scalpello fra le labbra: ma Pinocchio, lesto come un lampo, gli ha azzannato la mano con i denti, e dopo avergliela con un morso staccata di netto[77], l’ha sputata; e figuratevi la sua meraviglia quando, invece di una mano, si è accorso di avere sputato in terra uno zampetto di gatto.
Incoraggiato da questa prima vittoria, si è liberato degli assassini, e ha cominciato a fuggire per la campagna. E gli assassini a correre dietro a lui, come due cani dietro una lepre: e quello che aveva perduto uno zampetto correva con una gamba sola.
Dopo una corsa di quindici chilometri, Pinocchio non ne poteva più. Allora si è arrampicato su per il fusto di un altissimo pino e si è posto a sedere in vetta ai rami. Gli assassini hanno tentato di arrampicarsi anche loro, ma giunti a metà del fusto sdrucciolarono e, ricascando a terra, si sono spellati le mani e i piedi.
Non per questo si sono dati per vinti[78]: anzi, raccolto un fastello di legna secche a piè del pino, hanno appiccato il fuoco[79]. Il pino è cominciato a bruciare. Pinocchio, vedendo che le fiamme salivano sempre più e non volendo fare la fine del piccione arrosto, ha spiccato un bel salto di vetta all’albero, e via a correre daccapo attraverso ai campi e ai vigneti. E gli assassini dietro, sempre dietro.
Intanto cominciava a baluginare il giorno e si rincorrevano sempre; quand’ecco che Pinocchio si è trovato sbarrato il passo[80] da un fosso largo e profondissimo, tutto pieno di acqua sudicia, colore del caffè e latte. Che fare? «Una, due, tre!» ha gridato il burattino, e è saltato dall’altra parte. E gli assassini sono saltati anche loro, ma, patatunfete[81]!.. sono cascati giù nel bel mezzo del fosso. Pinocchio che ha sentito il tonfo e gli schizzi dell’acqua, ha urlato ridendo e seguitando a correre:
– Buon bagno, signori assassini!
Ma, voltandosi a guardare, si è accorto che gli correvano dietro tutti e due, sempre imbacuccati nei loro sacchi, e grondanti acqua.
15
Gli assassini inseguono Pinocchio; e dopo averlo raggiunto, lo impiccano a un ramo della Quercia grande
Allora il burattino era proprio sul punto di gettarsi in terra, quando ha visto fra mezzo al verde cupo degli alberi biancheggiare in lontananza una casina candida come la neve.
E senza indugiare un minuto, ha ripreso a correre per il bosco. E gli assassini sempre dietro.
Dopo una corsa disperata di quasi due ore, finalmente, tutto trafelato, è arrivato alla porta di quella casina e ha bussato.
Nessuno ha risposto.
E’ tornato a bussare con maggior violenza, perché sentiva avvicinarsi il rumore dei passi e il respiro affannoso dei suoi persecutori. Lo stesso silenzio.
Ha cominciato per disperazione a dare calci nella porta. Allora si è affacciata alla finestra una bella Bambina, con i capelli turchini, gli occhi chiusi, la quale ha detto:
– In questa casa non c’è nessuno. Sono tutti morti.
– Aprimi almeno tu! – ha gridato Pinocchio piangendo.
– Sono morta anch’io.
– Morta? e allora che cosa fai alla finestra?
– Aspetto la bara.
Appena detto così, la Bambina è disparsa, e la finestra si è richiusa senza fare rumore.
– O bella Bambina dai capelli turchini, – gridava Pinocchio, – aprimi per carità[82]. Abbi compassione di un povero ragazzo inseguito dagli assass…
Ma non ha potuto finire la parola, perché ha sentito afferrarsi per il collo, e le solite due voci che gli hanno brontolato:
– Ora non ci scappi più!
Il burattino è stato preso da un tremito così forte, che nel tremare, gli sonavano le giunture delle sue gambe di legno e i quattro zecchini che teneva nascosti sotto la lingua.
– Dunque? – gli hanno domandato gli assassini, – vuoi aprirla la bocca, sì o no? Ah! non rispondi?.. Lascia fare[83]: ché questa volta te la faremo aprire noi!..
E cavati fuori due coltellacci lunghi lunghi e affilati come rasoi, zaff e zaff…, gli hanno affibbiato due colpi nel mezzo alle reni.
Ma il burattino per sua fortuna era fatto d’un legno durissimo, motivo per cui le lame, spezzandosi, sono andate in mille schegge e gli assassini sono rimasti con il manico dei coltelli in mano.
– Ho capito, – ha detto allora un di loro, – bisogna impiccarlo!
– Impicchiamolo! – ha ripetuto l’altro.
Detto fatto, gli hanno legato le mani dietro le spalle, e l’hanno attaccato penzoloni al ramo di una grossa pianta detta la Quercia grande.